sabato 19 settembre 2009

L'AMORE PER IL CEMENTO


Come precedentemente detto nel post anteriore riguardante l'Argentina vorrei attirare la vostra attenzione su come i nostri governi negli anni si organizzano per poter arrichire il proprio patrimonio sopratutto quello dei compagni ovvi di banchetto.
L'Italia non e' in crisi perche' non abbiamo risorse non abbiamo mezzi di sviluppo o idee, basti solo pensare alla nostra posizione geografica.
L'Italia e' tenuta nello stato di crisi perche' e' la situazione piu' comoda perche' chi ha interessi (mafia,costruttori,manager,banche,politici) possano lavorare in santa pace,proponendo qualsiasi cosa pensino sia buona per il popolo e l'economia. Ma la verita' e' che la maggiorparte se non tutte le iniziative che dovrebbero portare ad un miglioramento della qualita' della vita e del lavoro in Italia vengono fatte a scopo di lucro da personaggi che non hanno e avranno ancora scrupoli nel mentire sulle loro intenzioni,come appunto accaduto in Argentina.
Stanno prendendo in giro tutto quello che ogni singola famiglia singola madre singolo padre hanno costruito per noi dando il sangue e rimettendo la propria schiena.

Ignobili e avidi i momenti "migliori" arriveranno anche per voi...

In questo video,lascio a voi il resto dei commenti,e' solo un piccolo esempio di come distruggere avidamente il territorio cittadino e rurale con manovre da predatori,si continua a voler costruire costruire ma per chi? e per cosa?...e quali sono i prezzi che noi paghiamo per questo? Penso li conosciate gia avevo pubblicato un post a proposito di una puntata di report andata in onda su raitre(vedi post) percio' dilettatevi ora con la visione di un futuro radioso con odore di cemento. E il pensiero che ogni atto e' manipolato a vantaggio di pochi...sara' abbastanza?



giusto per aggiungere....

Il genocidio sociale dell'Argentina


Il documentario bellissimo per chi e' interessato alla storia di un popolo portato alla fame dai tradimenti e dalle politiche di multinazionali mondiali e di uno stato senza scrupoli e' stato diretto da Fernando Solanas.
I responsabili della vendita dello stesso popolo ai propri interessi e agli interessi dei soliti vigliacchi avidi made in U.S.A e EUROPE vengono messi allo scoperto.

False promesse in pochi anni hanno portato a un declino inaspettato un Paese con delle ricchezze inestimabili come futili se poste in mano di pochi e sbagliati. Il popolo Argentino che non ha mai smesso di lottare anche senza un pezzo di pane sulla tavola o un tetto sulla testa,ci racconta e ci da un esempio di cosa voglia dire permettere privattizzazioni e di come da un giorno all' altro la vita possa cambiare cosi radicalmente fino alla fine.

Il documentario e' esplicativo guardatelo perche' forse noi in Italia potremmo svegliarci un giorno e dover prendere atto dei nostri comportamenti futili e di menefreghismo riguardo a quello che ci succede attorno.
Allora si che forse alzeremo il culo dalle nostre poltrone per rivendicare quello che ci abbiamo fatto rubare sperando che non sia troppo tardi.
Sperando di avere le palle di reagire con il morso della fame dentro!

Il documentario e' disponibile diviso in 12 parti su youtube vi lascio il link di seguito buona visione

DIARIO DEL SACCHEGGIO (Fernando Solanas)



"La tragedia che noi argentini abbiamo vissuto con la caduta del governo del presidente Fernando De La Rua mi ha spinto a tornare alle origini, quando la ricerca di una identità politica e cinematografica e la resistenza alla dittatura militare mi convinsero, negli anni Sessanta, a realizzare L’ora dei forni (1968). Ora, la situazione è cambiata. In peggio. Come è possibile che nel granaio del mondo si soffra la fame? L’Argentina è stata devastata da una nuova forma di aggressione, silenziosa e sistematica, che ha lasciato sul campo più vittime di quelle provocate dalla dittatura militare e dalla guerra delle Malvine. Nel nome della globalizzazione e del più selvaggio liberismo, le ricette economiche degli organismi finanziari internazionali hanno portato al genocidio sociale e al depauperamento della nazione. "
Fernando Solanas

Questa opera data la grandezza dell' argomento e' stata divisa dal regista in due parti una e' appunto il documentario Diario del Saccheggio che parla della crisi e dei suoi responsabili e la seconda,che non sono riuscito a trovare in Italiano,e' ARGENTINA LATENTE sulle vittime della devastazione, i milioni di poveri e di disoccupati e i modi da questi utilizzati per affrontare la crisi.

ARGENTINA LATENTE



In memoria di tutti i Desaparecidos
MGHX

venerdì 18 settembre 2009

LIBIA-ITALIA/ITALIA-LIBIA: DIETRO LA POLITICA DELLA NON-INFORMAZIONE


Secondo una stima della Fondazione ISMU (Iniziative Studi sulla Multietnicità) in Italia su circa 4 milioni 300 mila immigrati, 650 mila sarebbero da considerarsi irregolari, la maggior parte dei quali arriva regolarmente per poi cadere nell’irregolarità. Il Ministero dell’Interno afferma che via mare arriverebbe soltanto circa l’8% dell’immigrazione irregolare in Italia. La realtà è che la parte più consistente del fenomeno non arriva via mare, o nascosta in un camion, come molti continuano a credere e come vorrebbero farci credere. In larga maggioranza si tratta di persone entrate regolarmente, per esempio con visto turistico, e poi rimaste sul territorio assumendo così una posizione irregolare. Il punto è che spesso via mare passano proprio quelli che scappano da guerre o da feroci dittature, tutta gente che, riuscendo ad arrivare a Lampedusa, avrebbe buone possibilità di ottenere il permesso di asilo. Il documentario è testimone dei viaggi affrontati e mostra come la meta sia solo la metà del viaggio.
Nel 2003 il governo Berlusconi avvia gli accordi con la Libia per contrastare l’immigrazione clandestina. Roma spedisce gommoni, fuoristrada, pullman, mute da sub, 12 mila coperte di lana, 6 mila materassi e mille sacchi per cadaveri.
La finanziaria del 2004 stanzia 23 milioni di euro per il 2005 e 20 milioni per il 2006 per “fornire alla Libia e ad altri paesi di transito assistenza in materia di flussi migratori”.

Fine 2007 il governo Prodi rilancia gli accordi con la Libia e stanzia oltre 6 milioni di euro.
2009: approvato l’Accordo di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia siglato l’estate precedente a Bengasi.

I punti salienti dell’accordo:

- L'Italia si impegna a realizzare «progetti infrastrutturali di base» nei limiti di una spesa di 5 miliardi di dollari (per un importo annuale di 250 milioni di dollari in 20 anni).


- Roma si impegna anche a realizzare alcune «iniziative speciali», quali la costruzione di 200 unità abitative, l'assegnazione di borse di studio universitarie e postuniversitarie a 100 studenti libici.


- I due Paesi collaboreranno nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, all'immigrazione clandestina: le due parti promuoveranno la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche.

- La Libia si impegna ad abrogare tutti i provvedimenti e le norme che impongono vincoli o limiti alle imprese italiane operanti in Libia e a concedere visti di ingresso ai cittadini espulsi nel 1970.


- Italia e Libia collaboreranno nel settore della difesa, «prevedendo la finalizzazione di specifici accordi relativi allo scambio di missioni tecniche e di informazioni militari, nonchè lo svolgimento di manovre congiunte».


- Le due parti si impegnano a favorire il rafforzamento del partenariato nel settore energetico.


Insomma Italia e Libia coopereranno responsabilmente nella lotta all’immigrazione clandestina. Ma come?
Lo scorso giugno a Roma, durante la conferenza stampa con Gheddafi, il Premier ha dichiarato quanto segue: “L’Italia ha consegnato imbarcazioni alla Libia per intercettare le imbarcazioni che portano immigrati in Italia, per riportarli in territorio libico dove possono facilmente illustrare le proprie condizioni personali e chiedere quindi il diritto di asilo in Italia ”. Sfortunatamente la Libia non è partecipe delle convenzioni che garantiscono i diritti dei richiedenti asilo. In Libia non c’è una legge che regoli l’asilo.
Per buona sorte in Italia invece tali leggi esistono, a quanto pare però sempre più formalmente e meno nella prassi.
Da maggio il via libera ai respingimenti in mare, un’azione ostentatamente immediata ed efficace, nonostante l’unico aggettivo correttamente affiancabile sia ILLEGALE.
L’articolo 10 della Costituzione Italiana recita: “Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica”.
A differenza della Libia l’Italia ha firmato la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati nel 1951 e perfino quella di Strasburgo, della quale viola l’articolo 4 concernente i respingimenti collettivi in quanto il respingimento deve essere individuale affinché si possa valutare singolarmente la posizione di ciascuno.


In sostanza parecchie persone potenzialmente aventi diritto di asilo non vengono messe nelle condizioni di richiederlo. Il CIR (Consiglio Italiano per i Rifugiati) si occupa di fornire orientamento legale, accoglienza alle frontiere, accesso e assistenza durante la procedura di asilo, sfortunatamente però può intervenire solo su chiamata della polizia di frontiera. Insomma non sempre il CIR viene rintracciato e spesso è la polizia di frontiera o altre autorità nazionali a valutare chi è avente diritto di asilo e chi no. Interessante sottolineare che il Ministero dell’Interno dichiara che nel 2008 Venezia ha respinto oltre 1.600 persone verso la Grecia, il CIR ha invece un numero di rintracci pari a 350, dei quali concretamente visti solamente 138. Il decreto legislativo del 2008, che si occupa di stabilire la modalità della richiesta di asilo, proibisce alla polizia di frontiera di decidere arbitrariamente, inoltre è vietato anche dall’articolo 10 del Testo Unico sull’Immigrazione, dove si afferma che non possono essere respinte le persone che hanno diritto all’asilo.
Alla luce dei fatti non ci resta altro che riflettere.

Francesca Arru

Vi invito ancora a vedere e  diffondere il documentario COME UN UOMO SULLA TERRA che gia avevo proposto in un precedente post pubblicato una settimana fa' per ulteriori approfondimenti sulle inchieste aperte sui respingimenti e atti di violenza da parte di militari Italiani potete consultare Fortress Europe.

SOSTENETE LA DIFFUSIONE DEL FILM


Il film che racconta agli Italiani cosa si nasconde dietro gli accordi con la Libia. Il film che dà voce alla dignità e al coraggio dei migranti africani. - Una produzione Asinitas in collaborazione con ZaLab.

SUDAN - Conflitto del Darfur 301.200 morti dal 2003



A proposito dei conflitti dimenticati ancora in atto nel mondo lo scorso 12 settembre publicai un piccolo resoconto elencando quali fossero e dove promettendo di publicare maggiori informazioni a riguardo delle specifiche,comincio per maggior interesse e per legame con l'Italia con la guerra civile in Sudan dal quale provengono passando per la Libia numerosi rifugiati che sbarcano sulle coste di Lampedusa.


Quella che si consuma in Sudan è la più grave e complessa emergenza umanitaria attualmente in corso nel mondo.

Cuore della crisi sudanese è senz'altro il Darfur, vasta regione semidesertica ma ricca di risorse sotterranee, messa a ferro e fuoco dalle milizie dei Janjaweed spalleggiate dal governo di Khartoum, le cui scorrerie hanno costretto alla fuga metà della popolazione contadina.

Neppure nei campi per sfollati allestiti nello stesso Darfur o in altre aree del Sudan c'è sicurezza per i civili: complice il sovraffollamento e la scarsa tutela delle forze dell'ordine locali, è sempre più diffuso l'uso della violenza sessuale come arma di ricatto e umiliazione ai danni di donne e bambini.

Allo stato attuale, almeno 4,7 milioni di persone - circa due terzi della popolazione del Darfur - subiscono direttamente le conseguenze del conflitto. Metà di essi sono bambini.

Circa 2,7 milioni di sfollati sopravvivono in 165 campi di accoglienza, mentre altri due milioni risiedono in comunità locali che prestano loro accoglienza. Altri 250.000 profughi sudanesi si sono rifugiati in Ciad, dove contendono di fatto le scarse risorse naturali e gli ambiti aiuti umanitari alla poverissima popolazione locale.

Moltissimi altri abitanti del Darfur (tra cui 1,2 milioni di bambini) non hanno abbandonato le proprie terrre ma restano tagliati fuori da ogni assistenza, isolati in aree rurali controllate dal Governo o dai ribelli, ma egualmente inaccessibili alle agenzie umanitarie.

La situazione è decisamente peggiorata con l'espulsione dal Darfur di 16 ONG (organizzazioni non governative) decretata dal governo del Sudan come ritorsione dopo il mandato d'arresto nei confronti del presidente Al-Bashir da parte della Corte Penale Internazionale per i crimini contro l'umanità (marzo 2009).
Sulle cause che i media indicano sulle cause dello scoppio di questo conflitto ci sono abbastanza dubbi.

In poche parole c'e' da chiedersi il perche la situazione in Sudan viene descritta come uno scontro razziale con una minoranza oppressa di cultura cristiana al sud e una cultura dominante islamica a nord visto che la popolazione in Darfur e' largamente omogenea?

Quella dello scontro fra Arabi e Africani e' solo una subdola versione dell' Occidente

SANGUE, ACQUA E PETROLIO:
FALSITÀ DELLA GUERRA DEL DARFUR
di Michael Schmidt

Molto è stato scritto sulla crisi nel Darfur, le tre province più occidentali del Sudan, per cui non ripeterò cose già dette.

E' sufficiente dire che gli USA stanno a guardare il genocidio contro le tribù Fur, Masaalit e Zaghawa perpetrato dalla milizia Janjaweed appoggiata da Khartoum - un interesse alimentato senza dubbio dal desiderio di Washington di accedere alle riserve di greggio del Sudan, le quali vengono attualmente sfruttate esclusivamente dalla Cina ed in misura minore dalla Malaysia e dall'India.

D'altra parte, Nafi Ali Nafi, il deputato leader del Partito Nazionale del Congresso attualmente al governo ha ammesso che Khartoum ha armato ed addestrato una "forza di difesa popolare" civile di sostegno alla Forza di Difesa Sudanese nel suo intervento contro i ribelli del Darfur, negando al tempo stesso qualsiasi forma di genocidio.

Il Sudan rimane, secondo i parametri della Banca Mondiale, un paese povero altamente indebitato. Ma il petrolio ha cambiato le cose a partire dal 2006, rappresentando oltre il 25% del PIL del Sudan. Tuttavia ben poco della ricchezza prodotta dai 120.000 barili di greggio all'anno si riversa in un'economia sostenuta dai lavoratori immigrati del Bangladesh attratti dalle false promesse del Sudan (finendo poi a spazzare pavimenti per 100 dollari al mese), o nei territori periferici abbandonati come il Darfur.

Il Fondo Monetario Internazionale è il responsabile delle letali politiche di privatizzazione in Sudan, il quale da un lato ha adottato impopolari misure di austerità interna e dall'altro ha aderito all'Area di Libero Scambio per l'Africa orientale e meridionale verso l'estero.

E poi, nel 2006, è stato stimato che oltre 200.000 persone siano morte in Darfur per cause dirette o indirette della guerra e che 2,2 milioni di persone risultano deportate. Che si sappia non vi è petrolio in Darfur, eppure la China National Petroleum Corporation è decisa nel far passare in Darfur un oleodotto che connetta Port Sudan sul Mar Rosso attraverso la ricca regione petrolifera sudanese di Abeyi alle nuove riserve nella Guinea Equatoriale. Ma c'è anche un gigantesco giacimento d'acqua, che corre dal confine libico sotto il Darfur verso il Nilo, ed è possibile affermare che le riserve d'acqua sotterranee stanno per diventare, dopo il petrolio, una merce di valore, al pari dell'uso sostenibile della capacità di portata del Nilo.

Dopo un soggiorno nel mese di aprile ad el-Fasher e Nyala, rispettivamente le capitali del Nord e Sud Darfur, ecco alcune riflessioni sulIa situazione in Darfur nella speranza che gettino nuova luce sulla guerra in corso.

1. Il conflitto in Darfur non è tra "Arabi" ed "Africani". In Darfur è alquanto ovvio che tali distinzioni, benché brandite da una minoranza degli abitanti, non corrispondono alla realtà di fatto, tant'è che che tutti parlano in arabo, si vestono in fogge identiche ed hanno la stessa cultura. All'interno di una stessa famiglia, le caratteristiche somatiche esprimono l'eredità di meticciato degli abitanti del Darfur. Le differenze che pure esistono sono più di carattere tribale che etnico, il che pone la domanda del perché mai la questione del Darfur sia stata trattata dai media occidentali come uno scontro razziale. Il conflitto nel Sudan meridionale potrebbe essere facilmente ed emotivamente usato a scopi geopolitici da parte dell'Occidente, facendolo apparire come lo scontro fra una cultura cristiana oppressa al sud ed una cultura islamica dominante al nord. Ma questa argomentazione non può essere applicata al Darfur che ha una popolazione largamente omogenea - e tuttavia continua ad essere venduta in Occidente una subdola e disonesta versione (cioè di Arabi contro Africani) del conflitto. Cosa che avviene in seguito alla demonizzazione della cultura araba ed islamica da parte dei Cristiani fondamentalisti in America, signori dei Nuovi Crociati.

2. Il Sudan non è uno stato islamico fondamentalista. Nonostante fin dal 1983 siano stati introdotti dal regime precedente alcuni aspetti della legge della sharia e di una politica di islamizzazione che tecnicamente si applicava solo nel nord, la tradizione islamica del Sudan è soprattutto di origine Sufi col suo porre l'accento su un rapporto personale ed estatico di comunione con Allah. L'austero Islam Salafita che ha prodotto gruppi come al-Qaeda rimane una tradizione minoritaria all'interno del Sudan con effetti sociali e politici molto limitati (anche se Osama bin Laden ha soggiornato a Khartoum agli inizi degli anni '90). In politica, il longevo Partito della Umma può far ricordare la mania anti-coloniale della Rivolta Madhista del 1881-1885, ma in realtà, tale Partito con è che un cavalluccio di legno del nipote di Mahdi, Sadiq al-Mahdi. Nel frattempo, i Fratelli Musulmani non sono stati consultati (come invece prevede un principio di una shura della sharia) sulla politica di islamizzazione del governo, ed alcuni aspetti del codice legale erano in conflitto diretto con la sharia per cui il codice legale resta inaccettabile per molti Sudanesi - Musulmani inclusi.

3. La causa del conflitto non è solo politica. E' chiaro che molti ribelli hanno preso le armi perché hanno visto in questa scelta l'unica (basata sull'apparente successo della lotta al sud) per convincere Khartoum ad una devoluzione di potere e di risorse per la situazione stagnante nel Darfur. Ma di più grande preoccupazione è l'implacabile avanzata della desertificazione da est ad una velocità di 10 km all'anno. Ad esempio, solo nel 1992, il confine col deserto correva a 120 km buoni ad ovest di Nyala. Oggi, invece, il deserto è a soli 5 km dal limite della città. Così la desertificazione ed il degrado ambientale - esacerbato dal diradamento delle foreste del Darfur da parte del mercanti di legname - ha compresso le tribù in aree sempre più ristrette in cui non si contano i litigi e gli scontri in seguito alla riduzione della terra da pascolo e delle risorse d'acqua. La modernizzazione iniziata con l'era Nimeri (vedi più avanti) aveva messo in crisi le tradizionali modalità per la risoluzione delle controversie, e come in Somalia, la disponibilità di armi automatiche ha alimentato la spirale delle appartenenze di sangue tribali oltre i confini tradizionali.

4. Il dispiegamento di truppe ONU in funzione di peacekeeping non gioverà. E' evidente che la reale predisposizione di campi per i "profughi interni" in tutto il Darfur faccia il gioco di Khartoum. Questi campi, come quello di Abu Shouk a nord di el-Fasher in cui vi sono 50.000 profughi, sono gestiti dai governi regionali, aiutati da una pletora di agenzie ONU e di altro tipo, e vigilati in un certo senso dalla Unione Africana. Ma sebbene la vita nei campi sia relativamente passabile, con empori di telefonini cellulari e cosmetici e livelli di igiene che appaiono migliori di quelli nelle città (almeno confrontando Abu Shouk con el-Fasher), rimangono pur sempre dei campi di concentramento nel loro senso vero e proprio. Infatti, vi si concentrano forzatamente popolazioni tribali e già nomadi in una situazione di "città" artificiale per anni, urbanizzandole ed esponendole alle seduzioni del mercato - e naturalmente prosciugando sul terreno ogni supporto per i ribelli. Il dispiegamento dei caschi blu dell'ONU andrà forse a rafforzare un po' questa situazione, facendo così un grosso favore a Khartoum a spese del Darfur.

Detto questo, il Darfur resta chiaramente un territorio occupato, con la "tecnologia" dell'esercito sudanese (mezzi pesanti di marca Toyota con grosse mitragliatrici montate sopra) molto in evidenza, con elicotteri da guerra di fabbricazione cinese a el-Fasher ed aerei MiG di pattuglia a Nyala - e con una forte presenza dei servizi della Sicurezza ed Intelligence Nazionale in borghesia.

Mattafix - Living Darfur



I Mattafix hanno sin dai loro inizi manifestato un forte impegno sociale, in particolare a sostegno dei diritti umani in Darfur e in favore della cessazione delle ostilità. Sul sito ufficiale della band è possibile aderire alla campagna, sia facendo delle donazioni, sia inviando una lettera aperta alle Nazioni Unite.

I LOVE BERLUSCONI da Byoblu



Silvio Berlusconi mi fa tenerezza. Ha un’età in cui ogni cosa deve sembrargli più bella. Vede le strade piene di gente, vede milioni di mani agitarsi come enormi distese di girasoli, vede gli italiani chiamarlo per nome e lo racconta a Vespa, gli occhi carichi di meraviglia, visibilmente commosso. Tutte queste folle che in ogni dove gli si fanno incontro, che lo invocano, che pur di farsi notare salgono in cima ai monumenti nelle piazze, acquistano megafoni, si accalcano in preda alla più incontrollabile euforia d’amore mettendo a repentaglio la loro stessa incolumità… quanto bene devono volergli!

E certamente, nella sua lunga vita di cose buone deve averne fatte molte, Silvio. Dalla P2 al furto della Mondadori, dall’avere dato un tetto a Mangano, umile stalliere di cosa nostra, ai miliardi delle isole Cayman, dalla corruzione di Mills ai generosi regali alle minorenni bisognose, e così via in un elenco che deve riempirgli il cuore di orgoglio.

Ha fatto tanto bene Silvio, per tutti noi …disinteressatamente. E adesso la gente glielo restituisce. Dietro a quegli occhi ogni giorno più vitrei ed opachi, in quella voce sempre più incerta, in quei suoi gesti sempre più esitanti e dentro a quei pensieri sempre più confusi ed arruffati, egli ormai non è più in grado di scorgere intorno a sé che amore e benevolenza.

Silvio guarda il mondo, ed è uno sguardo che lo acquieta. Ha fatto tutto quello che doveva, e mentre la nebbia dell’incoscienza scende come neve candida sulla sua autoconsapevolezza, ode urla e schiamazzi e li scambia per cori di cherubini, vede spintoni e tafferugli e li legge come impetuose ondate di riconoscenza… E come potrebbe essere altrimenti? Lui è stato buono, lui è stato giusto. Lui ha salvato il mondo dai catto-comunisti, dalla magistratura rossa, dai giornalisti farabutti, dalla sinistra litigiosa ed inconcludente, dalla spazzatura nelle strade, dal pericolo della crisi energetica, dall’ICI, dai fannulloni assenteisti. Ha risolto la crisi in Georgia, la crisi in Palestina, ha riportato la democrazia in Iraq e in Afghanistan, ha fatto la pace con Gheddafi, ha sistemato i figli con un’azienda a testa, ha persino regalato un giornale alla moglie e uno al fratello. Cosa potrebbero volere gli italiani in più da lui?

Niente, Silvio, davvero… Hai già fatto così tanto per noi. Adesso però devi pensare a riposarti. Non sforzarti a fare tutti quei conti a memoria, non cercare sempre di mettere d’accordo tutti. Se la volevano capire, l’hanno capita. Non puoi fare più niente per loro.
Ora ti aspetta una vecchiaia serena: fai la pace con Veronica, comprati un cane e goditi interminabili passeggiate nel parco di Villa Certosa. Quando si fa sera, scruta l’orizzonte, guardando al di là del tramonto come solo un anziano alla nostalgica ricerca di se stesso potrebbe fare. Vedrai che se smetterai di tingerti presto il vento tornerà a frugare fra i tuoi capelli, che potresti riscoprire di un inaspettato e soffice candore.

Ma c’è una cosa, solo una piccola cosa a cui dovresti prestare attenzione. E lo dico per il tuo bene, Silvio, perché credimi: in fondo te ne voglio davvero. La gente, tutta quella gente che incontri per strada… Hai presente quella che ti saluta, urlando fino a sgolarsi, quella che ti vuole abbracciare appassionatamente, con irruenza, per rappresentarti prepotentemente quel consenso del 68% che, come giustamente dici, mai altro leader di un paese democratico ha ottenuto?

Ecco, non ti ci avvicinare troppo. L’amore a volte fa perdere la testa...

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Il governo privatizza i nostri beni...L' ACQUA NON SI TOCCA


Il 09 Settembre 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge con il quale (Art. 15) si sancisce un’ulteriore privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali.
Leggi il testo dell’Art. 15

Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica.
Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico, ma una merce e, dunque, sarà gestita da multinazionali internazionali (le stesse che già possiedono le acque minerali). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300% Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes armatati e carabinieri per staccare i contatori.
La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri. L'acqua è sacra in ogni paese, cultura e fede del mondo: l'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita.
L´acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto.
L´acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre.
Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo.

(Alrtro articolo da Ecoblog.it) ... La notizia è passata quasi inosservata, ma dal 5 agosto scorso l’Italia ha deciso che la sua acqua può essere privatizzata. La denuncia arriva da Padre Alex Zanotelli attraverso una lettera inviata a Beppe Grillo.
Per l’esattezza il provvedimento è contenuto nell’articolo 23 bis del decreto legge numero 113, comma 1, firmato dal ministro G. Tremonti dove si dà il via alle privatizzazioni dei servizi offerti dai diversi enti.
Ed ecco cosa recita il primo comma dell’art. 23 bis:
Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonche’ di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili.
Quinto comma: "Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati"
L’approvazione è avvenuta con il consenso dell’opposizione e più precisamente del PD



Non dobbiamo arrivare ad avere morti per un diritto cosi naturale come l' acqua pubblica...questa gente ha lottato anche per noi!
Chi ha sbagliato deve prendersi le proprie respnsabilita' come al solito chi ci pena sono i cittadini che magari cercano anche di non sprecare i propri beni.


Acqua pubblica, carta canta

Leggendo la lettera scritta da rappresentanti del PD, mi è ritornata alla mente una puntata di REPORT di alcuni anni fa.

Ho ritrovato queste dichiarazioni:

EMILIO CAPOROSSI - Responsabile Area Reti Hera Ferrara

Attualmente i numeri sono intorno al 37% di perdite e derivano sostanzialmente dal fatto che molto spesso probabilmente si è pensato anche che intervenire su queste perdite non fosse economicamente conveniente visto che la risorsa acqua è una risorsa a basso costo.

ROBERTO PATERLINI -Direttore Divisione Reti e Ambiente Enia s.p.a.

Normalmente quando un acquedotto ha risorse sufficienti sia di qualità che di quantità la ricerca delle perdite non è così incentivata.

LINO ZANICHELLI - Assessore all’ambiente regione Emilia Romagna

Avendo in Italia l’acqua un valore relativo rispetto ad altri beni come il gas, l’energia in genere, noi abbiamo un forte consumo idrico e i gestori non hanno interesse a ridurre le perdite

Questa è pubblica informazione, che porta ad essere meno ingenui ed a considerare che le aziende private lavorano per il “lucro” anche quando trattano servizi pubblici: un poco più del 2% nelle mani del nostro comune è una goccia in mezzo al mare. In questi anni non ho mai sentito esternare colui che ci rappresentava nel consiglio di amministrazione di HERA, non poteva essendo in minoranza. Bella vero questa immagine! I cittadini in minoranza per bere! Tragica, come le immagini dei Paesi del terzo mondo.

Egregi Signori, se dovete ora giustificare la vostra impotenza, fatelo nel modo più consono alla situazione ammettendo con umiltà che qualche cosa vi è sfuggito, che non avevate previsto il seguito della cessione, che avevate fatto il conto senza l’oste. Ma voi non siete imprenditori, loro si. Loro non devono giustificare niente alla gente, voi invece sì, perché vi è stato dato un mandato: impegnarvi per il bene pubblico.


Edda Carafolli

TELE VATICANO



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The Constant Gardener

The Constant Gardener - La cospirazione è un film del 2005 diretto da Fernando Meirelles.

TRAILER



Il film parte dall'incontro tra l'attivista politica Tessa (Rachel Weisz) e il diplomatico Justin Quyle (Ralph Fiennes).

Ai fatti che accadono contemporaneamente alla narrazione si affiancano i numerosi flash back del protagonista. Tessa e Justin si incontrano e hanno uno scontro verbale a una conferenza tenuta da quest'ultimo. Da allora non si lasciano più e decidono di sposarsi.

Troviamo poi la coppia in Kenia con Justin a capo dell'Alto Commissariato Britannico.

La loro vita scorre tranquilla tra l'aiuto che Tessa cerca di dare alla popolazione locale, la cura quasi maniacale che Justin dedica al suo giardino e l'attesa di un bambino.

La donna sembra legare molto con la popolazione e stringe amicizia in particolar modo con un medico indigeno, Arnold Bluhm (Hubert Koundè).

Un giorno Arnold e Tessa si recano in una regione remota del Kenia: Tessa viene uccisa e il suo accompagnatore, sospettato di omicidio, è scomparso.

La polizia locale dichiara a Justin Quayle che probabilmente si tratta di un delitto passionale ma l'uomo, convinto dell'amore che lo legava alla moglie, non crede a questa tesi e cerca di scoprire da solo la verità.

Piano piano il diplomatico si avvicina a una sconcertante scoperta che porta a galla la verità su tutte le sperimentazioni farmaceutiche condotte dalle multinazionali sui popoli africani. Molte aziende infatti, testano sulla popolazione keniota dei farmaci altamente tossici, aggravando le varie epidemie che mietono milioni di vittime al giorno (HIV, tubercolosi e malaria).

martedì 15 settembre 2009

OCCHIO NON VEDE CUORE NON DUOLE



Da www.byoblu.com

Perche' le nostre televisioni vogliono mascherare il disagio di una avvenuta catastrofe invece di sensibilizzare piu' gente possibile? Il problema esiste si il terremoto e' stata una catastrofe ma perche' i nostri media si ostinano a mascherare il disagio degli aquilani dipingendo tutto come risolto non e' cosi ed e' solo per sporchi maledetti interessi far figurare tutte rose e fiori,questa lettera risale al 5 agosto e oggi 15 di settembre le cose non sono cambiate?

NO CAZZATE NON E' CAMBIATO NULLA

 


Cosa succede a L’Aquila? Visto che l’informazione da lì non arriva, e se arriva sembra talmente rosea da far pensare che ci sia stato un party di veline e politici quando la realtà è che c’è stato un terremoto che ha spazzato via un capoluogo e 49 paesi limitrofi, siamo andati a vedere di persona. E infatti no, la situazione non è affatto rosea come il nostro Premier ce la vende, forse nel tentativo di utilizzare il terremoto dell'Aquila come palcoscenico e trampolino di lancio per recuperare consensi.

Le tendopoli? Alcune, come quella di Coppito, risultano davvero ben organizzate. Abbiamo conosciuto un volontario di rara generosità, Paolo Zippilli, che ci ha fatto fare un tour guidato, illustrandoci la loro situazione, gestita al meglio nonostante le oggettive condizioni disperate. I disagi ed i problemi sono numerosi, ma i volontari ce la mettono tutta, instancabilmente. Assolvono ai loro compiti e a volte fanno anche di più. Ma non è così ovunque. C’è la tendopoli di Centi Colella che a fine luglio non aveva ancora le coperture per riparare le tende dal sole cocente, aveva i container dei bagni sporchi, con i lavandini intasati e i WC “alla turca” (ovvero senza il water). Gli anziani invalidi parcheggiati tutti, nessuno escluso, in tende che già alle 10 del mattino erano bollenti! Le famiglie presenti lamentavano il forte e insopportabile caldo, la mancanza di un supporto psicologico, il pranzo e la cena spesso freddi e immangiabili e, cosa assurda, non avevano nessuna notizia di ciò che accadeva a L’Aquila se non attraverso la tv. Abbiamo chiesto loro se sapevano che bisognava presentare la domanda documentata con il progetto per la richiesta per la ristrutturazione della propria abitazione inagibile o distrutta. A un mese dalla scandenza del termine, l'8 settembre, non ne sapevano nulla! Si è fatto chiaramente in modo da non informare chi non si è informato autonomamente! Il responsabile del campo, il cosiddetto Capo Campo, notando la nostra presenza e vedendo che parlavamo con gli “ospiti” delle tende ci ha cacciato fuori minacciando di denunciarci, alzando il tono della voce e intimando di non tornare in quel luogo. Il responsabile era lui e non doveva rendere conto a nessuno del suo operato. Pensava lui a tutto e ovviamente per lui non esistevano problemi. Ci ha ricordato i Kapò d’altri tempi.

Molti dei terremotati sono ignari di ciò che sta accadendo davvero. Sono convinti che prima o poi verrà qualcuno a dire: “signori, le case sono pronte, vi dò gli indirizzi e le chiavi della vostra". Ma i termini della richiesta, come già detto, stanno scadento. Pochi lo sanno. Pochi sanno che si può scegliere una tipologia di risarcimento fra tre opzioni diverse:

1. Il denaro lo anticipa il proprietario, e potrà recuperarlo in 20 anni deducendolo attraverso la dichiarazione dei redditi. Esiste ovviamente un problema di “capienza” nel senso che non tutti pagano tasse così elevate da poter recuperare le somme ingenti necessarie alla ricostruzione. Inoltre si anticipa denaro che oggi ha un valore che tra venti anni l’inflazione avrà dimezzato. Figuriamoci poi se chi ha avuto bisogno della tenda ha a disposizione i soldi da anticipare, sempre ammesso che un giorno uno stato con 1750 miliardi di debito pubblico possa davvero renderli.
2. Un mutuo agevolato che attualmente non è operativo in nessuna banca, in quanto non è stato ancora raggiunto un accordo fra Cassa Depositi e Prestiti e banche per la creazione di un pacchetto mutui “ad hoc”, nè esiste ancora la copertura finanziaria per tale operazione. Tra l'altro, molti aquilani stanno pagando rate dei mutui contratti prima del terremoto per l'acquisto delle loro case, e sono in tanti quelli che pagano ancora l'affitto di una casa dove non possono più abitare.
3. Un contributo diretto, ma secondo modalità che il CIPE ( Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica ), ancora non ha definito. La stessa Protezione Civile dice che occorre valutare se questo contributo possa venire erogato entro 5 anni. Ma nel frattempo, le case chi le ripara?

Insomma, le solite illusioni, le solite prese per i fondelli, le solite porcate a cui gli italiani, ed ora anche il mondo intero, sono abituati. Nel 2009 i fondi disponibili per la riparazione o per la ricostruzione delle case sono pari a zero! Così è scritto nella tabella allegata alla Legge 77/09 che scandisce fino al 2032 i fondi e le loro destinazioni. Questo mentre Berlusconi, per dimostrare che avrebbe risolto tutti i problemi in tempi record, orgogliosamente RIFIUTAVA un'offerta di aiuto da parte degli stati esteri. I soldi non c'erano ma lui, tra uno champagne e una mademoiselle, ha ugualmente rifiutato.

Gli appartamenti del Progetto C.A.S.E., in costruzione a L'Aquila - le cosiddette case antisismiche che si vedono sempre in televisione - possono essere costruite in deroga alla vigente normativa sanitaria. Così recita sempre la Legge 77/09. Non sono previste né comprese all'interno di alcun piano urbanistico, sono tutte annunciatamente illegali già per contratto. Tutte uguali, tutte identiche. Non sono previsti servizi sociali (scuole, spazi culturali, sportivi, verde attrezzato, strade, ecc.). Gli arredamenti verranno forniti dalla società IKEA (perchè?) ed ogni appartamento avrà lo stesso mobilio, gli stessi colori, gli stessi cassetti per i calzini, gli stessi armadi. Insomma, un copia e incolla! Il mobilio che ciascun aquilano possiede non potrà essere utilizzato nei nuovi appartamenti, ma sarà destinato allo stoccaggio e conservato a tempo indeterminato presso i magazzini dell’interporto di Avezzano. Chi è il beneficiario dei noleggi dei magazzini? Chi altri deve arricchirsi alle spalle degli aquilani? Quanta speculazione dovrà esserci ancora intorno a questa disgrazia? Se proprio si doveva pagare il noleggio di questi depositi, non era il caso di farlo a vantaggio di qualche aquilano? C’è gente che specula sulla morte, sulle disgrazie, sulla povertà e sulla disperazione.

La constatazione più amara è che nessun aquilano ha diritto ad esprimere la propria opinione in merito al proprio futuro. Gli enti locali (regione, provincia, comuni, Asl e così via) sono estromessi da qualunque possibilità non solo di poter decidere o scegliere, ma anche di poter verificare la bontà delle scelte della Protezione Civile, la regolarità dei provvedimenti o la valutazione dell'impatto ambientale e dei rischi pericolosi che questi agglomerati urbani in costruzione, anomali, irregolari e improvvisati, potranno avere nel prossimo futuro della città dell'Aquila. Con il suo sistema di gestione militare totalitario e presuntuoso, la Protezione Civile sta mettendo in serio pericolo il futuro degli aquilani. Senza specifiche competenze tecniche e territoriali, doveva occuparsi solo dell'emergenza, come è successo per altri eventi catastrofici precedenti. Evidentemente a qualcuno conviene che lo stato di emergenza persista. Uno stato di emergenza è una miniera d'oro. Per chi? Per chi ha in appalto le varie forniture. Dietro ogni decisione, dietro ogni maceria, dietro ogni cadavere qualcuno sta guadagnando spudoratamente. Basti pensare che lo Stato ha preferito far arricchire gli alberghi, pagando 48 euro a persona al giorno, invece di requisire case sfitte a 400 euro al mese. Facendo un rapido calcolo, 48 euro per trenta giorni fanno 1440€ al mese. Per ogni famiglia di 4 persone lo Stato, cioè noi, paga 5760€ al mese invece di 400! Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. La Protezione Civile è stata politicizzata. Il Premier sembra aver appositamente studiato un sistema infallibile per gestire in prima persona la situazione sopratutto, come è ovvio, dal punto di vista economico e finanziario, quello che sta tanto a cuore a strutture mafiose e criminali.

Vogliamo parlare del lavoro? Ottomila sono gli aquilani che sono rimasti senza. Hanno la cassa integrazione prorogata fino al 10 agosto. Qualche giorno fa sono state stanziate ulteriori risorse che forse consentiranno di arrivare a dicembre. Il terremoto afferma il principio che c’è un Re, che a sua discrezione elargisce risorse e possibilità. Non ci sono diritti da tutelare per legge, ma atti unilaterali del Governo. Eppure Silvio Berlusconi, nel regno incontrastato delle sue televisioni, aveva assicurato che mai avrebbe abbandonato i lavoratori aquilani al loro destino! La realtà invece è un'altra: in un’area dove migliaia di imprese non potranno più materialmente operare per anni, non vi è una concreta azione per il rilancio dell’economia. Cosa succederà a chi è rimasto senza lavoro e ha una famiglia di cui occuparsi?

L'Aquila continua a tremare. Le scosse, numerose tutti i giorni, continuano inesorabili, anche oltre il 4° grado della scala Richter. Intanto il Cavaliere continua ad affermare che va tutto bene. Le tv e la grande stampa nazionale, ad eccezione di Repubblica e pochissimi altri, continuano a rimanere in silenzio, conniventi e collusi con gli interessi di chi vuole lucrare sulle disgrazie degli aquilani: cosche mafiose, imprenditori senza scrupoli, finanzieri accomodanti, ditte e fornitori coinvolti nell'arrembaggio al denaro facile...
Ora si comprende meglio il senso della legge che imbavaglia la stampa, perlomeno quella ancora libera. E si comprende parimenti la necessità di aggredire la rete, quell'insieme sommesso di voci dissonanti in costante aumento, ogni giorno di più, che devono essere zittite. Solo qui potrete leggere con chiarezza che L’Aquila era da considerarsi a “rischio uno”. Il più forte. Questo avrebbe costretto le ditte costruttrici ad investire maggiori risorse economiche per avere edifici a norma. E solo qui potrete leggere che fu proprio Berlusconi, nel 2003, a decidere che L’Aquila fosse a “rischio 2”, permettendo oggi allo Stato di risarcire solo l'80% delle spese sostenute per la riparazione delle abitazioni.

Oltre 305 persone assassinate da un'edilizia disinvolta! Oltre 100.000 disperati sui quali speculare! Eppure c’è ancora gente che dice “Lui ci ha promesso le case, non ci lascerà e se ci darà le case lo voteremo di nuovo”.

Quelle che avranno non saranno case ma bettole illegali che, lungi dall'essere provvisorie, saranno eterne.


Benedetti Marie Helene
Pier Paolo Cirillo

lunedì 14 settembre 2009

ALGHERO:come al solito persi in un bicchier di....


13 settembre 2009
Lettera a Marco Tedde (e per conoscenza ai componenti della Giunta) di una turista americana. La sporcizia di Alghero inizia a fare il giro del mondo, proprio come le bellezze ambientali
Stamford: Egregio Sindaco le scrivo 
 
ALGHERO - La Riviera del Corallo è frequentata da migliaia di turisti, visitatori che guardano, scrutano e portano a casa ciò che di più sensazionale e impareggiabile il territorio offre. Panorami mozzafiato, coste incontaminate, mare cristallino e ormai (e purtroppo) spesso, incuria dilagante. La sporcizia che da alcuni anni investe la città sopratutto nei mesi estivi, è infatti il peggior biglietto da visita per una città turistica: Ecco la lettera integrale che una turista americana di Stamford, ha inviato (con video allegati) al primo cittadino Marco Tedde.

Egregio Signor Sindaco,
sono una turista americana e Le scrivo dagli Stati Uniti, dove sono da poco tornata dopo un viaggio in Italia fatto insieme con mio marito. Ho passato dieci giorni nella Sua bella città, con i suoi magnifici bastioni, le sue bellissime spiagge, la sua deliziosa cucina e la straordinaria ospitalità della sua gente. Eppure, tutto quanto c'è di bello e buono ad Alghero, e ce ne in abbondanza, impallidisce (o meglio, arrossisce) di fronte ai rifiuti che invadono le sue strade e le sue spiagge, come puo` vedere dal piccolo esempio dei filmati che Le allego. Ognuna delle dieci mattine passate ad Alghero, nel corso della mia passeggiata quotidiana, continuavo a vedere per le strade esattamente gli stessi rifiuti, mai rimossi. Le stesse bottiglie vuote, le stesse cartacce, gli stessi sacchetti di plastica, le stesse lattine schiacciate. E sospetto che siano ancora là. Oh, ed un'altra cosa: le palme sui marciapiedi del lungomare verso Fertilia, anch'esse circondate di rifiuti, non sono state potate da lungo tempo ed impediscono, letteralmente, il passaggio. Mi rendo conto di come durante l'alta stagione, più cresce il numero dei visitatori e più difficile diventi mantenere pulita la città. Ma mi permetto di osservare che più sono i visitatori, più sono quanti osservano lo stato di sporcizia e piu` sono quelli che, una volta tornati a casa, ne possono fare pubblicita` negativa. D?altro canto, piu` sono i visitatori e più sono i soldi che portano e quindi maggiori dovrebbero essere le risorse per accudire alla città. Io non conosco affatto la situazione economico/finanziaria di Alghero, ma sospetto che il turismo ne sia una componente sostanziale. Strade sporche come quelle che ho visto ad Alghero non sono affatto attraenti e non fanno altro che favorire la “concorrenza”. Mi permetto di suggerirLe una visita a Rimini, se già non c'è stato. C'è chi dice che lo stato di pulizia di una città riflette lo stato di pulizia delle abitazioni dei suoi cittadini. Così certo non e` per Alghero, almeno per mia personale esperienza. Infatti, ho avuto modo di vedere dall'interno le abitazioni di alcuni dei Suoi concittadini, tenute in maniera immacolata. E allora, perchè Signor Sindaco, è con affetto per Alghero che Le scrivo, con la speranza che quella perla che è la Sua città possa davvero rilucere ed essere liberata di quella miriade di piccole macchie che la sporcano. Vorrei tanto tornare e vorrei tanto suggerire ai miei amici di venire, ma se le cose non cambiano, come posso? Con l'augurio che da questa mia traspaia uno spirito costruttivo e che Lei la voglia accogliere senza risentirsene Le invio i miei più cordiali saluti.

domenica 13 settembre 2009

Iraq: dopo l'uranio le siringhe...

                                                     

Molti scienziati hanno denunciato la presenza di tonnellate d'uranio, resti delle granate, missili e bombe americane, in balia dei venti, disseminate sotto forma di polveri fini radioattive, nell'atmosfera.

La guerra squallidamente terminata, l'OMS pretende di proteggere 4 milioni di bambini iracheni dalla polio e dal morbillo a colpi di vaccini finanziati in parte dall'UNICEF. Anziché aiutare questi bambini svantaggiati ad accedere ad una migliore igiene, una migliore alimentazione, con acqua potabile, l'UNICEF privilegia la politica del vaccino. Quest'organizzazione umanitaria usufruisce di un prestigio enorme mentre è praticamente diventata una filiale dei fabbricanti di vaccini.

Le donazioni versate ad organismi umanitari come l'UNICEF servono soprattutto ad arricchire i laboratori farmaceutici a scapito della salute delle popolazioni . Il caso del BIAFFRA all'epoca della guerra civile con la NIGERIA (1967/1970) è un esempio di deriva degli aiuti umanitari. Destinati ad una popolazione affamata ed esangue, le donazioni sono state utilizzate a sbarazzare i laboratori di milioni di dosi di vaccini, non più utilizzati da noi (occidentali) poiché causavano gravi reazioni.

In BIRMANIA con l'arrivo di una dittatura militare totalitaria, (controllata dall'impero TOTALE) intense campagne di vaccinazioni furono condotte su una popolazione fino allora preservata. Gli anni seguenti malattie nuove o sconosciute fecero le loro comparsa.

Benché sia una potenziale arma di genocidio, la fede nel potere magico dei vaccini è ancora bene ancorata là dove i mass media sono onnipotenti.

Non è sempre la stessa cosa nei paesi del terzo mondo dove i vaccini causano danni più importanti. Più di una donna africana mi ha confessato che non voleva vaccinare più i suoi bambini, ma la vaccinazione è imposta, anche in assenza di qualsiasi regolamentazione. E' già successo che dei dispensari siano stati messi ferro e fuoco in seguito a decessi di bambini dopo delle vaccinazioni. Il vento finirà per girare (…) è tempo di fare scoppiare uno dei più grandi scandali della storia della medicina: quello delle vaccinazioni pericolose ed inutili.

Traduzione a cura di Giuditta del blog tuttouno dell'articolo di René BICKEL dal titolo: Irak: Aprés les bombes à uranium, le seringues (giugno 2003)

www.scienzamarcia.blogspot.com

La meglio gioventù

La meglio gioventù è un film del 2003, diretto da Marco Tullio Giordana. Racconta quarant'anni di storia italiana, dal 1966 fino alla primavera del 2003, attraverso le vicende di una famiglia.

La pellicola

Il film era stato prodotto originariamente per essere trasmesso dalla RAI in 4 puntate. La RAI ne sospese la messa in onda sui teleschermi posticipandola a dopo la presentazione al 56° Festival di Cannes, dove il film vinse il premio come miglior film della sezione Un Certain Regard. Il film uscì quindi nelle sale italiane il 22 giugno 2003, diviso in due atti di tre ore ciascuno. Successivamente fu trasmesso su Raiuno in quattro puntate da 90 minuti ciascuna nei giorni 7, 8, 14 e 15 dicembre 2003, con notevoli dati di ascolto. Nella primavera del 2006 è stato replicato in prima serata su Raitre. È uscito anche negli USA nel corso del 2005 ricevendo un'ottima accoglienza da parte dei critici (tanto da guadagnare la prima posizione nella classifica stilata da Metacritic per l'anno 2005).

Trama

Al centro della storia sono due fratelli, Nicola e Matteo Carati, che vivono inseparabilmente gli anni dell'adolescenza fino a quando l'apparire nella loro esistenza di una ragazza con gravi problemi psichici cambierà le cose. Le loro vite poi prenderanno strade diverse: dopo un lungo viaggio in Norvegia, Nicola si laureerà in medicina (psichiatria), mentre Matteo entrerà nell'esercito e, successivamente, nelle forze di Polizia.

La vita della famiglia Carati s'intreccia con le vicende italiane durante l'arco di quegli anni, vengono così ripercorsi i fatti salienti che hanno accompagnato la storia della nazione: l'alluvione di Firenze, il sessantotto, il periodo della lotta armata e delle Brigate Rosse, Tangentopoli, fino alla morte di Giovanni Falcone. Nel corso della storia è rivissuto con sguardo nostalgico lo scorrere del tempo passato, le diverse abitudini, la gioventù che lascia il posto ai problemi dell'età adulta.

Avrei voluto vivere in quegli anni mi sarei sentito meno inutile...in un italia ancora sveglia e combattiva stralcio di italia del popolo da ricordare

AMANTEA - la perla della calabria

«Io sono l'unica sopravvissuta della mia famiglia», racconta una donna, sentendo la necessità di sottolineare i perché che girano nelle vie di Amantea. «Anche noi abbiamo avuto dei morti tra i familiari - fanno eco altri funzionari - e quando andiamo all'ospedale di Cosenza per accompagnare qualcuno, ci sentiamo dire "un altro paziente da Amantea"». 
 
Quello che molte autorità hanno negato dal 14 dicembre del 1990 - quando la nave Jolly Rosso si arenò sulla spiaggia di Formiciche, poco a sud dal centro cittadino - oggi è divenuta una verità incontrovertibile.
Una cava dismessa, a pochi chilometri dalla spiaggia, sulla strada che sale verso Serra D'Aiello, contiene residui nucleari non naturali, che provocano un aumento della temperatura del suolo di circa sei gradi. Una macchia rossa visibile anche dai satelliti, dove gli strumenti dei tecnici dell'Arpacal e dei Vigili del Fuoco hanno segnato un valore di radioattività fino a sei volte superiore ai valori di fondo normalmente presenti nella zona.
 l materiale radioattivo sarebbe interrato ad una profondità di circa trenta metri. La presenza, dunque, di radionuclidi di Cesio 137 a quella profondità non sarebbe dovuta ai residui di Chernobyl, che, ovviamente, sono sparsi solo in superficie. Sarebbe dunque questa cava - distante pochissimi chilometri d'area dalla città di Amantea - una delle origini dell'alto tasso di tumori. 
 Ma la presenza di sostanze radioattive vicino ad Amantea non è solo un brutto grattacapo per le autorità ambientali. È soprattutto la conferma che in questa terra i traffici di rifiuti nucleari e tossico-nocivi sono avvenuti. Non una legenda metropolitana, come qualcuno ancora oggi si ostina a sostenere
Nel fiume si era trovato di tutto, metalli pesanti e veleni pericolosissimi, a dimostrazione che la costa calabra è uno sversatoio usato abbondantemente dalle ecomafie
Un lavoro incredibile, quello delle mafie ambientali in Calabria, fatto con cura, organizzazione.
Nella costa tra Lametia Terme e Cetraro si percepisce una sorta di cappa plumbea quando si cerca di parlare di rifiuti e di 'ndrangheta.
Le persone muoiono ma non parlano.
Arrivano in Procura sapendo che ormai hanno pochi mesi di vita e tra le righe fanno capire di sapere. Ma poi davanti ai verbali rimangono muti, silenziosi, e ritrattano. Le navi dei veleni, i vascelli a perdere mandati qui per nascondere nel mare gli scarti industriali che nessuno voleva spaventano ancora. È meglio morire in silenzio, nella costa di Amantea, che tradire un segreto che dura dal 14 dicembre del 1990.
 tratto da un articolo di Andrea Palladino
www.sciroccorosso.org per maggiori informazioni sulla fine di questa inchiesta... 

ERA TUTTO UN BRUTTO SOGNO