venerdì 18 settembre 2009

SUDAN - Conflitto del Darfur 301.200 morti dal 2003



A proposito dei conflitti dimenticati ancora in atto nel mondo lo scorso 12 settembre publicai un piccolo resoconto elencando quali fossero e dove promettendo di publicare maggiori informazioni a riguardo delle specifiche,comincio per maggior interesse e per legame con l'Italia con la guerra civile in Sudan dal quale provengono passando per la Libia numerosi rifugiati che sbarcano sulle coste di Lampedusa.


Quella che si consuma in Sudan è la più grave e complessa emergenza umanitaria attualmente in corso nel mondo.

Cuore della crisi sudanese è senz'altro il Darfur, vasta regione semidesertica ma ricca di risorse sotterranee, messa a ferro e fuoco dalle milizie dei Janjaweed spalleggiate dal governo di Khartoum, le cui scorrerie hanno costretto alla fuga metà della popolazione contadina.

Neppure nei campi per sfollati allestiti nello stesso Darfur o in altre aree del Sudan c'è sicurezza per i civili: complice il sovraffollamento e la scarsa tutela delle forze dell'ordine locali, è sempre più diffuso l'uso della violenza sessuale come arma di ricatto e umiliazione ai danni di donne e bambini.

Allo stato attuale, almeno 4,7 milioni di persone - circa due terzi della popolazione del Darfur - subiscono direttamente le conseguenze del conflitto. Metà di essi sono bambini.

Circa 2,7 milioni di sfollati sopravvivono in 165 campi di accoglienza, mentre altri due milioni risiedono in comunità locali che prestano loro accoglienza. Altri 250.000 profughi sudanesi si sono rifugiati in Ciad, dove contendono di fatto le scarse risorse naturali e gli ambiti aiuti umanitari alla poverissima popolazione locale.

Moltissimi altri abitanti del Darfur (tra cui 1,2 milioni di bambini) non hanno abbandonato le proprie terrre ma restano tagliati fuori da ogni assistenza, isolati in aree rurali controllate dal Governo o dai ribelli, ma egualmente inaccessibili alle agenzie umanitarie.

La situazione è decisamente peggiorata con l'espulsione dal Darfur di 16 ONG (organizzazioni non governative) decretata dal governo del Sudan come ritorsione dopo il mandato d'arresto nei confronti del presidente Al-Bashir da parte della Corte Penale Internazionale per i crimini contro l'umanità (marzo 2009).
Sulle cause che i media indicano sulle cause dello scoppio di questo conflitto ci sono abbastanza dubbi.

In poche parole c'e' da chiedersi il perche la situazione in Sudan viene descritta come uno scontro razziale con una minoranza oppressa di cultura cristiana al sud e una cultura dominante islamica a nord visto che la popolazione in Darfur e' largamente omogenea?

Quella dello scontro fra Arabi e Africani e' solo una subdola versione dell' Occidente

SANGUE, ACQUA E PETROLIO:
FALSITÀ DELLA GUERRA DEL DARFUR
di Michael Schmidt

Molto è stato scritto sulla crisi nel Darfur, le tre province più occidentali del Sudan, per cui non ripeterò cose già dette.

E' sufficiente dire che gli USA stanno a guardare il genocidio contro le tribù Fur, Masaalit e Zaghawa perpetrato dalla milizia Janjaweed appoggiata da Khartoum - un interesse alimentato senza dubbio dal desiderio di Washington di accedere alle riserve di greggio del Sudan, le quali vengono attualmente sfruttate esclusivamente dalla Cina ed in misura minore dalla Malaysia e dall'India.

D'altra parte, Nafi Ali Nafi, il deputato leader del Partito Nazionale del Congresso attualmente al governo ha ammesso che Khartoum ha armato ed addestrato una "forza di difesa popolare" civile di sostegno alla Forza di Difesa Sudanese nel suo intervento contro i ribelli del Darfur, negando al tempo stesso qualsiasi forma di genocidio.

Il Sudan rimane, secondo i parametri della Banca Mondiale, un paese povero altamente indebitato. Ma il petrolio ha cambiato le cose a partire dal 2006, rappresentando oltre il 25% del PIL del Sudan. Tuttavia ben poco della ricchezza prodotta dai 120.000 barili di greggio all'anno si riversa in un'economia sostenuta dai lavoratori immigrati del Bangladesh attratti dalle false promesse del Sudan (finendo poi a spazzare pavimenti per 100 dollari al mese), o nei territori periferici abbandonati come il Darfur.

Il Fondo Monetario Internazionale è il responsabile delle letali politiche di privatizzazione in Sudan, il quale da un lato ha adottato impopolari misure di austerità interna e dall'altro ha aderito all'Area di Libero Scambio per l'Africa orientale e meridionale verso l'estero.

E poi, nel 2006, è stato stimato che oltre 200.000 persone siano morte in Darfur per cause dirette o indirette della guerra e che 2,2 milioni di persone risultano deportate. Che si sappia non vi è petrolio in Darfur, eppure la China National Petroleum Corporation è decisa nel far passare in Darfur un oleodotto che connetta Port Sudan sul Mar Rosso attraverso la ricca regione petrolifera sudanese di Abeyi alle nuove riserve nella Guinea Equatoriale. Ma c'è anche un gigantesco giacimento d'acqua, che corre dal confine libico sotto il Darfur verso il Nilo, ed è possibile affermare che le riserve d'acqua sotterranee stanno per diventare, dopo il petrolio, una merce di valore, al pari dell'uso sostenibile della capacità di portata del Nilo.

Dopo un soggiorno nel mese di aprile ad el-Fasher e Nyala, rispettivamente le capitali del Nord e Sud Darfur, ecco alcune riflessioni sulIa situazione in Darfur nella speranza che gettino nuova luce sulla guerra in corso.

1. Il conflitto in Darfur non è tra "Arabi" ed "Africani". In Darfur è alquanto ovvio che tali distinzioni, benché brandite da una minoranza degli abitanti, non corrispondono alla realtà di fatto, tant'è che che tutti parlano in arabo, si vestono in fogge identiche ed hanno la stessa cultura. All'interno di una stessa famiglia, le caratteristiche somatiche esprimono l'eredità di meticciato degli abitanti del Darfur. Le differenze che pure esistono sono più di carattere tribale che etnico, il che pone la domanda del perché mai la questione del Darfur sia stata trattata dai media occidentali come uno scontro razziale. Il conflitto nel Sudan meridionale potrebbe essere facilmente ed emotivamente usato a scopi geopolitici da parte dell'Occidente, facendolo apparire come lo scontro fra una cultura cristiana oppressa al sud ed una cultura islamica dominante al nord. Ma questa argomentazione non può essere applicata al Darfur che ha una popolazione largamente omogenea - e tuttavia continua ad essere venduta in Occidente una subdola e disonesta versione (cioè di Arabi contro Africani) del conflitto. Cosa che avviene in seguito alla demonizzazione della cultura araba ed islamica da parte dei Cristiani fondamentalisti in America, signori dei Nuovi Crociati.

2. Il Sudan non è uno stato islamico fondamentalista. Nonostante fin dal 1983 siano stati introdotti dal regime precedente alcuni aspetti della legge della sharia e di una politica di islamizzazione che tecnicamente si applicava solo nel nord, la tradizione islamica del Sudan è soprattutto di origine Sufi col suo porre l'accento su un rapporto personale ed estatico di comunione con Allah. L'austero Islam Salafita che ha prodotto gruppi come al-Qaeda rimane una tradizione minoritaria all'interno del Sudan con effetti sociali e politici molto limitati (anche se Osama bin Laden ha soggiornato a Khartoum agli inizi degli anni '90). In politica, il longevo Partito della Umma può far ricordare la mania anti-coloniale della Rivolta Madhista del 1881-1885, ma in realtà, tale Partito con è che un cavalluccio di legno del nipote di Mahdi, Sadiq al-Mahdi. Nel frattempo, i Fratelli Musulmani non sono stati consultati (come invece prevede un principio di una shura della sharia) sulla politica di islamizzazione del governo, ed alcuni aspetti del codice legale erano in conflitto diretto con la sharia per cui il codice legale resta inaccettabile per molti Sudanesi - Musulmani inclusi.

3. La causa del conflitto non è solo politica. E' chiaro che molti ribelli hanno preso le armi perché hanno visto in questa scelta l'unica (basata sull'apparente successo della lotta al sud) per convincere Khartoum ad una devoluzione di potere e di risorse per la situazione stagnante nel Darfur. Ma di più grande preoccupazione è l'implacabile avanzata della desertificazione da est ad una velocità di 10 km all'anno. Ad esempio, solo nel 1992, il confine col deserto correva a 120 km buoni ad ovest di Nyala. Oggi, invece, il deserto è a soli 5 km dal limite della città. Così la desertificazione ed il degrado ambientale - esacerbato dal diradamento delle foreste del Darfur da parte del mercanti di legname - ha compresso le tribù in aree sempre più ristrette in cui non si contano i litigi e gli scontri in seguito alla riduzione della terra da pascolo e delle risorse d'acqua. La modernizzazione iniziata con l'era Nimeri (vedi più avanti) aveva messo in crisi le tradizionali modalità per la risoluzione delle controversie, e come in Somalia, la disponibilità di armi automatiche ha alimentato la spirale delle appartenenze di sangue tribali oltre i confini tradizionali.

4. Il dispiegamento di truppe ONU in funzione di peacekeeping non gioverà. E' evidente che la reale predisposizione di campi per i "profughi interni" in tutto il Darfur faccia il gioco di Khartoum. Questi campi, come quello di Abu Shouk a nord di el-Fasher in cui vi sono 50.000 profughi, sono gestiti dai governi regionali, aiutati da una pletora di agenzie ONU e di altro tipo, e vigilati in un certo senso dalla Unione Africana. Ma sebbene la vita nei campi sia relativamente passabile, con empori di telefonini cellulari e cosmetici e livelli di igiene che appaiono migliori di quelli nelle città (almeno confrontando Abu Shouk con el-Fasher), rimangono pur sempre dei campi di concentramento nel loro senso vero e proprio. Infatti, vi si concentrano forzatamente popolazioni tribali e già nomadi in una situazione di "città" artificiale per anni, urbanizzandole ed esponendole alle seduzioni del mercato - e naturalmente prosciugando sul terreno ogni supporto per i ribelli. Il dispiegamento dei caschi blu dell'ONU andrà forse a rafforzare un po' questa situazione, facendo così un grosso favore a Khartoum a spese del Darfur.

Detto questo, il Darfur resta chiaramente un territorio occupato, con la "tecnologia" dell'esercito sudanese (mezzi pesanti di marca Toyota con grosse mitragliatrici montate sopra) molto in evidenza, con elicotteri da guerra di fabbricazione cinese a el-Fasher ed aerei MiG di pattuglia a Nyala - e con una forte presenza dei servizi della Sicurezza ed Intelligence Nazionale in borghesia.

Mattafix - Living Darfur



I Mattafix hanno sin dai loro inizi manifestato un forte impegno sociale, in particolare a sostegno dei diritti umani in Darfur e in favore della cessazione delle ostilità. Sul sito ufficiale della band è possibile aderire alla campagna, sia facendo delle donazioni, sia inviando una lettera aperta alle Nazioni Unite.

Nessun commento:

Posta un commento