domenica 4 ottobre 2009

La Brigata Sassari a Herat

Oggi 70 militari facenti parte della Brigata Sassari partono per Herat in Afghanistan, in una missione che sicuramente si presentera', come gia' dimostrato precedentemante dalle vittime riportate, una difficile "missione di pace".

«Una volta a Herat - ha detto il colonello Scalas, che diventerà capo del distaccamento alla base sarda - i sassarini affiancheranno inizialmente i commilitoni della Folgore. A fine ottobre avverrà il passaggio del comando. La Brigata Sassari assumerà la guida delle operazioni militari e il generale Alessandro Veltri sarà nominato comandante delle forze italiane in Afghanistan».





I costi umani ed economici di questa guerra, la ricostruzione che non c'è, il crescente coinvolgimento delle truppe italiane


La guerra in Afghanistan, quella iniziata il 7 ottobre 2001, ha provocato la morte di 21 soldati italiani, 1.400 soldati alleati, 6 mila soldati e poliziotti afgani, circa 25 mila guerriglieri talebani e quasi 11 mila civili afgani (di cui oltre 3 mila vittima degli attacchi talebani e almeno 7 mila uccisi dalle truppe alleate - più di 3 mila civili morirono nei soli bombardamenti aerei del 2001-2002). In totale, quindi, almeno 43 mila vite umane sono state stroncate in otto anni di guerra.
La spedizione militare in Afghanistan è costata finora ai contribuenti italiani oltre due miliardi e mezzo di euro. All'inizio la missione aveva un costo annuo medio di circa 300 milioni di euro, ma oggi - con il progressivo invio di più uomini e mezzi - supera ampiamente il mezzo miliardo (il che significa quasi un milione e mezzo di euro al giorno).
Per la tanto propagandata ricostruzione dell'Afghanistan, l'Italia ha speso finora circa 40 milioni di euro.

Distruggere o ricostruire? Queste cifre, che su scala maggiore sono le stesse per gli Stati Uniti e gli altri alleati, sono il frutto della strategia adottata dalla Nato in Afghanistan, soprattutto negli ultimi anni. Nel dicembre 2007 il capo del Pentagono, Robert Gates, dichiarò che in Afghanistan “la Nato deve spostare la sua attenzione dall’obiettivo primario della ricostruzione a quello di condurre una classica controinsurrezione”. E così è stato. Si è deciso che prima bisognava vincere la guerra e sconfiggere i talebani, e solo poi ricostruire il paese. “Come nella seconda guerra mondiale – spiegava recentemente nel dibattito di Firenze l’analista militare Gianandrea Gaiani – prima si sconfissero i nazisti, poi si ricostruì l’Europa con il piano Marshall”.
“Io non condivido questa sequenza, prima la sicurezza e poi ricostruzione”, gli aveva ribattuto il generale Fabio Mini, ex comandante delle truppe Nato in Kosovo. “Oggi la sicurezza in Afghanistan non è assicurata da nessuno, tanto meno dalle forze militari straniere. Controllare il territorio significa avere il consenso della gente. Noi non potremo mai avere sicurezza fino a quando non sarà garantita la sopravvivenza agli afgani. C’è bisogno di ricostruire l’Afghanistan, anzi, di lasciarlo costruire a chi ha le forze: ai civili. Lasciamo perdere i militari”.

I rischi per i soldati. Fino a tre anni fa le truppe italiane schierate in Afghanistan erano concentrate a Kabul, dove la situazione era ancora molto tranquilla, e non svolgevano azioni di combattimento - se si escludono le forze speciali della Task Force 45 impegnate nell'operazione segreta ‘Sarissa'.
Dall'estate del 2006, con spostamento del contingente stato nelle regioni più ‘calde' dell'ovest, sono iniziati i primi scontri con i guerriglieri talebani, ufficialmente solo ‘difensivi'. Dal gennaio 2009 le truppe italiane, mutate nella loro composizione (non più alpini e bersaglieri ma solo parà della Folgore), cresciute di numero (quasi 3 mila) e dotate di mezzi più aggressivi (carri armati ed elicotteri da combattimenti), hanno ufficialmente iniziato le azioni ‘offensive' penetrando in zone controllate dai talebani (Farah e Badghis). Da allora i soldati italiani sono quotidianamente impegnati in azioni di combattimento e in vere e proprie battaglie nelle quali hanno ucciso centinaia di guerriglieri.
Anche le truppe rimaste a presidiare Kabul, ormai accerchiata e infiltrata dai talebani, si sono trovate esposte a imboscate e attacchi, sia fuori che dentro la capitale.
Enrico Piovesana per PEACEREPORTER

Messina fa' i conti col dissesto idrogeologico

Anni di speculazione edilizia e abusivismo comunemente noti portano a fare i conti con 22 vittime.


I geologi sostengono che si sia trattato di una tragedia annunciata.
 


Una tragedia annunciata, anzi che si preannunciava ogni anno. E questa volta purtroppo è accaduto. Nelle zone a Sud di Messina, ma anche in altre province come a Palermo, ogni anno si ripropongono sempre gli stessi problemi avvicinandosi ai mesi più piovosi. Oggi esistono strumenti di pianificazione regionale avanzati, che ci fotografano situazione quasi in diretta, ma non si interviene. La colpa è di un’assenza cronica di fondi, ma anche la manutenzione ordinaria – come la pulizia di canali, fiumi e tombini – non viene fatta. Quella del messinese è una zona con una situazione idrologica molto diffusa, con grandi e piccoli torrenti: già di per sè un reticolo idrografico diffuso produce una certa insabilità e se a questo si aggiunge la non manutenzione e un uso scellerato del territorio con costruzioni che non dovrebbero esserci il quadro è completo. Per noi sarebbe importante mettere in atto tutti gli interventi previsti dai piani della Protezione civile, regionali e locali, con persone sul posto come sentinelle per prevenire gli eventi. Ma non si sa se si farà mai: in Italia purtroppo viviamo sull’onda dell’emozione e appena smette di piovere cessa anche ogni allarme.

IL Trattato incomprensibile che unira' l'Europa

Da:PEACEREPORTER

L'Irlanda vota sì al Trattato di Lisbona. Si avvicina la ratifica del documento - illeggibile e monumentale - che disegnerà la nuova Europa, un super-Stato senza mandato di rappresentanza che cambierà il nostro futuro
 


Solo Sinn Fèin, il partito nazionalista che un tempo era definito il 'braccio politico dell'Ira', ha fatto campagna per il 'no'. Tutti gli altri, politici, economisti, imprenditori, uomini di spettacolo e anche il padrone della Ryanair Michael O' Leary, hanno fatto leva su paura e preoccupazione: se non avesse vinto il 'sì', l'Irlanda si sarebbe ulteriormente allontanata dall'Unione Europea, e la crisi economica nazionale si sarebbe (forse irrimediabilmente) aggravata.

Ultima tappa (se Polonia e Repubblica Ceca non si metteranno di mezzo) di un tortuoso e tormentato processo di ratifica, il voto irlandese è una vittoria per i burocrati dell'Unione. Il 'no' irlandese del giugno scorso, quando una analogo referendum bocciò il Trattato, è stato spazzato via anche da alcune garanzie promesse all'Irlanda dagli euro-burocrati: non verrà obbligata a legalizzare l'aborto, non perderà controllo sulla fiscalità, non vedrà minacciata la propria neutralità. Oggi sembra che l'integrazione europea, che avrà nel Trattato il suo pilastro, rappresenti la garanzia più sicura contro l'isolamento. E in un mercato economico-finanziario fortemente globalizzato, dove le crisi, sempre più frequenti, provocano incontrollati e devastanti effetti-domino, isolarsi significa morire.

Da qui si evince che vincolarsi - e il Trattato di vincoli ne contiene parecchi - è una scelta, o un'imposizione, obbligata. E che l'euroburocrazia ha il coltello dalla parte del manico. Il secondo referendum irlandese è la prova del fatto che la volontà di una nazione, ovvero del suo corpo elettorale, può passare in secondo piano di fronte alla ragion di Stato di un'Europa alla disperata ricerca di una soluzione alla sua crisi istituzionale.

Il trattato non è che la riproposizione di una 'Costituzione europea' che, al momento della sua elaborazione, rivelò l'impossibilità di conciliare le esigenze di tutti i Paesi che avrebbero in futuro dovuto ratificarla. Così, nel 2007, una gruppo di lavoro capeggiato da Giuliano Amato, si mise al lavoro per proporre una versione 'emendata' della Costituzione in perfetto stile gattopardesco.

Il Trattato è oggi l'integrazione di altri trattati dell'Unione, un monstrum di regole e leggi lungo 2.800 pagine. Incomprensibile ai cittadini europei, se non ai suoi stessi estensori, il Trattato ha la finalità di assicurare, su questioni chiave, maggiore controllo agli organi dell'Unione Europea a scapito di quelli degli Stati nazionali. Garantirà enormi poteri a istituzioni che nessun cittadino elegge direttamente (il Consiglio Europeo, che assumerà il ruolo di presidenza, la Commissione Europea e il Consiglio dei ministri, che sarà l'esecutivo, la Corte europea di giustizia, che sarà il sistema giudiziario). Sancirà con forza i principi del libero mercato e la necessità di una difesa comune europea, con la conseguente erosione dei diritti dei lavoratori e del social welfare e la progressiva militarizzazione del continente.

Spesso i poteri del super-Stato europeo, estesi a 68 nuovi settori dove la possibilità di veto di singoli Stati verrà perduta, saranno superiori a quelli dei Paesi membri. I parlamenti nazionali saranno spesso subordinati, dovendo 'obbedire,' anche se in linea di principio, a prescrizioni come quella contenuta, ad esempio, nell'articolo 8c: "I Parlamenti nazionali dovranno contribuire attivamente al buon funzionamento dell'Unione". Implicitamente, ciò significa privilegiare gli interessi della nuova Unione rispetto a quelli dei singoli Stati.

I detrattori del Trattato sostengono, forse non a torto, che l'Unione Europea diventerà uno Stato. Ciò che non è oggi. La Ue non ha personalità giuridica, essendo il termine 'Unione' solo un concetto, che abbraccia le relazioni tra i 27 Stati membri. Relazioni, che, secondo quanto riporta uno dei maggiori esperti (e oppositori) al Trattato, l'irlandese Anthony Coughlan (docente di politiche sociali al Trinity College di Dublino), coprono la Comunità europea, area dove sono attive leggi sovranazionali, e le aree 'intergovernative' di giustizia, politica estera, interni, dove le leggi europee non hanno potere. Il Trattato cercherà di fondere le due aree, assorbendo sempre di più le competenze nazionali, come stanno dimostrando le sempre più manifeste tensioni verso una politica estera e di sicurezza comune e una difesa militare comune.

"Se ci deve essere una federazione europea democratica e accettabile - argomenta Coughlan - il requisito costituzionale minimo dovrebbe prescrivere che le leggi siano proposte e approvate dai rappresentanti direttamente eletti, o nei parlamenti nazionali, o in quello europeo. Sfortunatamente, non è così".

Molti lamentano soprattutto l'incomprensibilità e la lunghezza del Trattato. Come un blogger del sito 'OpenEurope', che ben sintetizza l'insofferenza di molti cittadini europei: "Volete fare come gli Stati Uniti d'America? La loro Costituzione era comprensibile a tutti. Fate allora di dieci pagine massimo, questo trattato. Poi fatelo votare agli elettori nazionali. Solo così, con una Costituzione che contenga le disposizioni essenziali si potrà creare un'entità capace di sopravvivere alla prossima crisi, e soprattutto otterrà il benestare dei cittadini. Tutti i governi si reggono sul consenso, tacito o esplicito, dei governati. E rinunciare a tale consenso nella creazione dell'Unione Europea vuol dire andare in cerca di grane". Come dargli torto?

Luca Galassi


giovedì 24 settembre 2009

ZEITGEIST ADDENDUM

So che molti di voi avranno gia visto questo film documentario...
Ma credo che comunque ancora tanti di voi non l'abbiano visto, mi diletto quindi nel pubblicarlo con gran gusto per la vostra gustosa visione, vi consiglio popcorn acidi con sale in quantita' industriali per amalgamare il tutto.
E sopratutto consiglio di guardarlo con la propria famiglia tutti mano nella mano...



Zeitgeist: Addendum è un web film non profit del 2008, diretto, prodotto e distribuito da Peter Joseph ed è il secondo capitolo di Zeitgeist, the Movie; è uscito in lingua inglese sottotitolato in diverse lingue, tra cui l'italiano.

Il film discute riguardo il sistema della Federal Reserve negli Stati Uniti, della CIA, delle corporation americane e altro, concludendo con la presentazione del Progetto Venus, creato dall'ingegnere sociale Jacque Fresco. In accordo con Peter Joseph, il film ha come scopo di localizzare le radici della dilagante corruzione sociale, offrendo allo stesso tempo una soluzione. In conclusione Addendum sottolinea il bisogno di eliminare ogni barriera che divide gli uomini e individua i passi concreti da fare per indebolire il sistema monetario. Il film suggerisce azioni di "trasformazione sociale", come boicottare le grandi banche, i media, il sistema militare e le multinazionali dell'energia.

BUONA VISIONE....

IL PRIMO CAPITOLO: ZEITGEIST THE MOVIE clicca qui per vedere tutto il film

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IL SECONDO CAPITOLO:ZEITGEIST ADDENDUM clicca qui per vedre tutto il film

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